Il museo dei pesci morti

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«Ho appena finito di parlare al telefono con la madre di quel ragazzino, disse.
Toccò un taglio che avevo sul labbro e fece un profondo sospiro. Disse: Gli hai detto una brutta parola. Lo sai che significa quella parola?
Io feci di no con la testa.
Lei si tolse lo scapolare e me lo mise al collo. Due pezzetti di lana marrone appesi a un cordino, uno davanti, uno di dietro.
Io strofinai la lana fra pollice e indice.
Guarda che non è un oggetto fatato, disse.
No?
È più che altro un segnale, mi spiegò, che aiuta la gente a prendere la strada giusta. Fece una pausa. La gente come noi. Quando preghi rivolto allo scapolare non devi dire amen, perché è una preghiera continua, che non finisce mai. Prima di ricevere la chiamata da Dio, disse, io assomigliavo molto a te. Mi sentivo in trappola. Era come se vivessi in un ango­letto buio della mia mente. Sospirò. Ignatius, lo sai qual è il contrario dell’amore?
L’odio, risposi.
La disperazione, disse la suora. Il contrario dell’amore è la disperazione.»

Il museo dei pesci morti di Charles D’Ambrosio

Il museo dei pesci morti di Charles D’Ambrosio: la seconda raccolta di laceranti racconti che ci regalano un ritratto disperato, spietato e rassegnato dell’America contemporanea candidata al Premio PEN/Faulkner per la narrativa.

Ne Il museo dei pesci morti di Charles D’Ambrosio, che siano falegnami sul set di un film porno, puntigliosi riparatori di macchine da scrivere, truffatori tossicodipendenti dallo sguardo pietoso, ragazzini costretti a crescere in fretta o sceneggiatori di successo finiti in un ospedale psichiatrico, i personaggi di questi otto racconti lottano per superare il trauma di un abbandono o di una violenza, per comprendere la deriva delle persone amate, per mantenere la propria umanità in un’America marginale e dolente, provinciale e uggiosa.

La scrittura accurata e potente di Charles D’Ambrosio – autore schivo e poco prolifico, ma acclamato dalla critica americana come una delle rivelazioni degli ultimi anni – li riscatta, descrivendo l’insoddisfazione personale di ciascuno come qualcosa da cui smettere di fuggire, e regalandoci un capolavoro dal fascino oscuro dal quale, come ha scritto il Seattle Times, «è quasi impossibile staccare gli occhi».

“D’Ambrosio, che merita un posto d’onore insieme a Raymond Carver e Thom Jones fra i maestri contemporanei della forma racconto, riesce a convogliare insieme l’abile stile ellittico di Carver e il machismo ferito di Jones. Ma in questa raccolta si ritaglia un territorio tutto suo, usando solo gli strumenti più solidi e difficili dello scrittore – la cura della lingua e la costruzione dei personaggi – e il suo sguardo meravigliosamente obliquo.”
commento del Los Angeles Times su Il museo dei pesci morti di Charles D’Ambrosio

“Da questi racconti […] è quasi impossibile staccare gli occhi. La prosa di D’Ambrosio è fluida, addirittura insinuante. Una frase segue l’altra con un ritmo irrefrenabile che sembra imitare la logica alterata della follia, i piccoli passi e le svolte improvvise che portano la gente dai viali illuminati ai vicoli bui.”
commento del Seattle Times su Il museo dei pesci morti di Charles D’Ambrosio

La raccolta Il museo dei pesci morti di Charles D’Ambrosio è stata candidata al Premio PEN/Faulkner per la narrativa nel 2007.

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