La letteratura giapponese ha una storia lunga e variegata che nel corso dei secoli, ha attraversato diverse fasi storiche, sociali e culturali, evolvendosi in una vasta gamma di generi e forme letterarie.
Questo specifico articolo è il primo di 6 articoli che cercheranno di offrire una panoramica della letteratura giapponese, esplorando i principali periodi e generi, con esempi di opere tradotte in italiano. Gli articoli di questo percorso di lettura saranno:
Libri giapponesi classici e contemporanei: 1 Il periodo Nara e Heian
Libri giapponesi classici e contemporanei: 2 Il periodo Edo
Libri giapponesi classici e contemporanei: 3 Il periodo Meiji
Libri giapponesi classici e contemporanei: 4 Il periodo Taishō
Libri giapponesi classici e contemporanei: 5 Il periodo Showa
Libri giapponesi classici e contemporanei: 6 Il periodo Heisei e contemporaneo
Le radici della lettaratura giapponese – il periodo Nara (710-794) e Heian (794-1185)
Se il periodo Nara segna l’inizio della scrittura giapponese è con il periodo Heian che la letteratura giapponese acquisisce una propria identità, con un crescente utilizzo dei caratteri giapponesi (kana) accanto ai caratteri cinesi (kanji). Durante questo periodo, la corte imperiale di Heian diventa il centro della cultura e della produzione letteraria, dando vita a due dei più importanti generi della letteratura giapponese: la poesia e il romanziere di corte.
In quest’epoca infatti vengono redatti i primi testi letterari del Giappone, i più importanti dei quali sono il Kojiki 古事記, letteralmente “vecchie cose scritte”, la più antica cronaca giapponese pervenutoci, che mescola storia e leggenda; i Nihongi o Nihon ryoiki 日本紀, ovvero gli Annali del Giappone e la raccolta di poesie waka Man’yōshū 万葉集, Raccolta di diecimila foglie.
Il Kojiki
Il più antico libro di mitologia e storia del Giappone – (Vecchie cose scritte) è al tempo stesso la più antica cronaca esistente in Giappone e il primo testo di narrativa giapponese pervenutoci. Composto nei primi anni dell’VIII secolo su richiesta del sovrano Tenmu del clan Yamato, per documentare la storia del paese dalle sue origini fino ai suoi tempi, il Kojiki narra le origini del Giappone dall’era mitologica delle divinità shintoiste, i kami, fino al regno dell’imperatrice Suiko (592-628). Lo scopo principale era di legittimare la supremazia del clan Yamato sulla base di antichi documenti delle varie casate, certificando in tal modo l’importanza delle loro divinità protettrici all’interno del pantheon shinto, e l’esclusiva discendenza dei sovrani Yamato da Amaterasu, dea del sole e progenitrice della casata imperiale. Per il testo, oltre alle fonti ufficiali, l’autore si avvalse anche di racconti e testi scritti memorizzati da un cortigiano in grado di leggere gli annali cinesi e raccontarli in giapponese; per questo inoltre il Kojiki è anche il primo tentativo di distaccarsi dalla scrittura cinese e mettere per iscritto la lingua autoctona giapponese.
Nihon ryoiki, Cronache soprannaturali e straordinarie del Giappone
«Se le conseguenze del bene e del male compiuti ci fossero sconosciute, come potremmo correggere le nostre cattive azioni e distinguere il bene dal male?». Con questo intento, il monaco Kyo-kai racconta centosedici storie di ricompense miracolose e atroci punizioni toccate a uomini e donne di ogni ceto sociale, pescatori, mercanti, mendicanti, finti monaci e santi autentici, principesse e imbroglioni, sovrani e contadine. Storie in cui il gusto per la narrazione trasforma spesso l’exemplum in fiaba e il lavoro del karma in una ruota di metamorfosi avventurose.
Man’yōshū, Raccolta delle diecimila foglie
Man’yōshū, Raccolta delle diecimila foglie è il libro XVI del Man’ydsha, la prima antologia giapponese che contiene poesie composte lungo un lasso di tempo di circa trecentocinquant’anni fino al 759, è un coacervo di generi e temi raccolti senza alcun criterio individuabile. Raffinate liriche composte da aristocratici si accostano a canzoni di mendicanti e pescatori di lontane province, poesie d’amore coesistono con altre che parlano di “cose che fanno paura”, componimenti di carattere religioso fanno da contrasto a poesie umoristiche che spaziano dal nonsense all’ironia, dalla garbata presa in giro all’uso compiaciuto della volgarità. In tutte si respira un senso di spontaneità che costituisce una vera e propria eccezione nell’ambito del canone poetico classico e trova immediata corrispondenza con la sensibilità del lettore moderno.
La poesia waka e i diari femminili delle dame di corte
Linguaggio prediletto dagli aristocratici, dallo stile retorico e rigidamente codificato nei termini e nelle immagini, il waka ha generato diversi generi letterari, tra cui spiccano i diari femminili come il Sarashina nikki 更級日記 Le memorie della dama di Sarashina; il Izumi Shikibu Nikki 和泉式部日記, il Diario di Izumi Shikibu; il Murasaki Shikibu nikki 紫式部日記, Diario di Murasaki Shikibu; e i poemi (Uta monogatari), tra i quali spicca il famoso Ise monogatari 伊勢物語, I racconti di Ise, uno dei poemi più conosciuti e apprezzati della produzione letteraria del periodo Heian, composto da 125 brevi aneddoti riguardanti le avventure amorose di un anonimo nobile di corte.
Le memorie della dama di Sarashina.
L’insoddisfazione per la vita in una provincia povera di stimoli, l’amore divorante per la lettura, la delusione della vita a corte, un matrimonio tardivo e poco romantico, la difficoltà ad accettare di diventare madre, la ricerca di una felicità possibile solo nella fantasia, la scelta infine della solitudine: dal Giappone di mille anni fa questa è la storia in forma di diario di una donna, dei suoi sogni e delle sue disillusioni. Un racconto autobiografico al femminile di una scrittrice di cui non sappiamo nemmeno il nome, perché in quella società patriarcale non aveva il diritto ad averne uno, perché poteva riconoscersi solo come moglie, madre, sorella o figlia, e che attraverso la scrittura cerca invece di costruire il proprio mondo.
Diario di Izumi Shikibu
Izumi Shikibu, poetessa e dama di corte vissuta tra la seconda metà del secolo X e la prima metà dell’XI, è famosa per la sua produzione poetica di ispirazione romantica, ma anche e soprattutto per le relazioni extraconiugali avute con due principi imperiali. Intorno alla sua figura e alle sue “scandalose” storie d’amore, nasceranno nei secoli successivi numerose leggende confluite in testi di vario genere, che celebrano la personalità forte di questa donna capace di sfidare l’opinione pubblica e di rompere con gli schemi di una rigida organizzazione sociale. Il “Diario di Izumi Shikibu” – opera formalmente anonima ma che potrebbe essere attribuita alla stessa Izumi Shikibu – è il racconto in terza persona di una di queste relazioni: un amore romantico inammissibile all’epoca, sbilanciato socialmente (la figlia di un governatore di provincia e un principe imperiale), nascosto ma chiacchierato, raccontato dal punto di vista della protagonista femminile. Un testo appassionato, malinconico e moderno che ci arriva da un mondo apparentemente lontanissimo: il Giappone di mille anni fa.
Il diario di Murasaki Shikibu
Il “Murasaki Shikibu nikki”, Il diario di Murasaki Shikibu, una delle opere più rappresentative della diaristica femminile dell’XI secolo, descrive l’esperienza dell’autrice come dama articolandosi in due sezioni principali: la prima dedica grande attenzione ai preparativi e agli interminabili festeggiamenti per la nascita del Principe Atsuhira, il futuro erede al trono; la seconda, più frammentaria, propone, invece, descrizioni delle qualità fisiche, dei pregi e dei difetti caratteriali delle donne al servizio dell’imperatrice Shoshi. La vita di corte, scandita da cerimonie fastose e da una ricerca quasi ossessiva della perfezione estetica, viene presentata al lettore attraverso aneddoti memorabili, rievocati da chi scrive con distaccato spirito critico o con grande partecipazione emotiva, senza mai perdere di vista lo scopo di celebrare la gloria di Fujiwara no Michinaga e dei suoi degni discendenti.
I racconti di Ise
Lo “Ise monogatari”, I racconti di Ise, è una delle opere più conosciute e apprezzate della produzione letteraria del periodo Heian (794-1185). Nella versione ritenuta dagli studiosi più rappresentativa, si presenta come una raccolta di 125 brevi aneddoti (dan) incentrati sulla descrizione di momenti particolarmente salienti delle avventure amorose di un anonimo nobile di corte. Tradizionalmente interpretata come una biografia romanzata di Ariwara no Narihira (825-880), non rappresenta però solo un raffinato e ben congegnato canzoniere d’amore dell’antico Giappone. L’importanza e la popolarità dell’opera risiedono anche nella sua capacità di esprimere i dettami del codice estetico del fūryū, termine di origine cinese usato in Giappone per alludere all’aristocratica eleganza che infonde le esistenze dei protagonisti dei monogatari. Dopo il “Genji monogatari” (La storia di Genji, XI secolo), è di certo l’opera di letteratura classica che presenta il maggior numero di traduzioni in giapponese moderno e in lingue occidentali, di riduzioni in manga e di studi critici.
Monogatari: la nascita del romanzo giapponese
Il più antico esempio di narrativa è la trasposizione letteraria di un racconto popolare dai toni fiabeschi e fantasiosi dal titolo Taketori monogatari 竹取物語 ovvero “Il racconto di un tagliatore di bambù”. I successivi monogatari si compongono di un maggiore realismo, tra questi sicuramente spicca uno degli esempi più straordinari di narrativa del periodo Heian, ovvero il Genji Monogatari 源氏物語 ultimato dalla dama Murasaki Shikibu della corte dell’Imperatrice Shōshi. Considerato il primo romanzo della storia giapponese, è una storia d’amore, politica e passione che si svolge alla corte imperiale di Heian. Tradotto in italiano con il titolo “Il racconto di Genji”, il romanzo ha influenzato profondamente la letteratura giapponese e continua a essere una delle opere più importanti della cultura nipponica. Un altro esempio pubblicato in Italia è l’Heichū monogatari 平中物語 tradotto con il titolo Le storie di Heichū.
Storia di un tagliabambù
“L’antenato è il primo ad apparire di tutti i ‘monogatari’”, così Murasaki Shikibu (XI secolo) consacra “Storia di un tagliabambù“, testo risalente al 909 ca. Il termine ‘monogatari’ caratterizza una prosa, spesso inframmezzata da componimenti poetici, che si identifica con la grande pagina letterararia di epoca Heian (794-1185). “Storia di un tagliabambù” è il primo ‘monogatari’ perché l’anonimo autore racconta in modo nuovo una storia presa dalla tradizione orale, dandole una struttura narrativa che rimarrà nei secoli. L’estensore del testo è senza dubbio da identificare in un intellettuale, buon conoscitore della lingua cinese e così vicino all’ambiente di corte da permettersi di adombrare personaggi realmente esistiti.
Il racconto di Genji
Il racconto di Genji viene spesso indicato come il primo esempio di romanzo psicologico. Se simili attribuzioni suonano sempre alquanto arbitrarie, leggendolo non si può evitare di avvertire quanto si proceda in profondità nello scandagliare l’animo umano e come il quadro che ne deriva sembri spesso in sintonia con il modo di sentire di oggi. Da questo punto di vista, esso merita a buon diritto il titolo di classico della letteratura universale, sebbene solo di recente, in pratica poco più di cento anni, sia entrato nell’orizzonte culturale occidentale e abbia preso a influenzarlo. La sua modernità risiede nella precisa volontà dell’autrice di non limitarsi a presentare intrecci tali da attirare l’attenzione e distrarre dalle pene quotidiane, ma anche di trasmettere sensazioni e sentimenti nella convinzione che altri possano e debbano condividerli. (…) Da questo punto di vista il collegamento con i grandi romanzi occidentali appare inevitabile, ma ogni forma di confronto, classificazione e competizione si rivela alla fine incongrua. Si può dire che Murasaki Shikibu ricorda nelle sue introspezioni Proust o che il ‘Genji monogatari’ sta al mondo cortese dell’anno Mille come ‘Madame Bovary’ sta al mondo borghese dell’Ottocento. Ma il ‘Genji monogatari’ non può non essere letto, analizzato, se possibile apprezzato, come un’opera profondamente, organicamente medievale. (…).” (dall’introduzione di Maria Teresa Orsi)
Le storie di Heichū
Come in un sogno, il giovane Heichū insegue nelle donne che incontra un inafferrabile ideale di felicità, ricercando senza fine una soddisfazione che si rivela illusoria. Bello, elegante, aristocratico nei gusti e nei modi, poeta di delicata sensibilità, ombroso e allo stesso tempo spudorato, Heichū è un nobile del Giappone medievale, ma ha anche tutto di un moderno dandy. * Le sue donne possono essere ragazze nobili o geisha, danzatrici o signore sposate, dame dell’aristocrazia o semplici viaggiatrici incontrate per caso. Con alcune si diverte ad amoreggiare senza mai concludere, certe sono un passatempo senza impegno, di altre ancora invece si innamora e per loro si tormenta. Pare quasi che nella vita voglia esplorare tutte le possibili casistiche di relazione e modalità di conquista; è un seduttore seriale, o forse un Don Giovanni del Sol Levante? Ma come spesso succede nella cultura nipponica, le cose non sono come sembrano. Heichū il seduttore è altrettanto sedotto, le sue donne non sono vittime, si pongono invece al suo stesso livello sociale, umano, e soprattutto intellettuale.
Mamako mono monogatari: racconti di figliastre
Il sottogenere di monogatari chiamato mamako mono 継子もの è caratterizzato da storie di fanciulle vessate da crudeli matrigne che, in modo simile alla Cenerentola occidentale, riescono a sfuggire ai soprusi grazie a interventi soprannaturali. Esempi di questo sottogeneri pubblicati in Italia sono l’Ochikubo monogatari 落窪物 Storia di Ochikubo e il Sumiyoshi monogatari 住吉物語 La principessa di Sumiyoshi.
Storia di Ochikubo
Al pari di tante altre opere della narrativa giapponese classica, tuttora ignota è l’identità dell’autore di Storia di Ochikubo. Di certo, a giudicare per lo meno dallo stile e dalla terminologia di molti passi, l’opera fu il frutto della fantasia di uno dei numerosi aristocratici che nel corso della prima metà del periodo Heian (794-1185) produssero letteratura a uso e consumo delle dame di corte di Kyoto. Per molti secoli il romanzo fu attribuito a Minamoto no Shitago (911-983), letterato e poeta il cui nome è legato ad altri due testi del periodo: il “Taketori monogatari” (inizio X secolo) e l’”Utsuho monogatari” (fine X secolo). Il più antico manoscritto dell’”Ochikubo monogatari” esistente è una copia della metà del XV secolo.
La principessa di Sumiyoshi
La principessa di Sumiyoshi è la fiaba di Cenerentola nel Giappone del X secolo. La crudeltà di una matrigna che maltratta la figliastra e ostacola la sua storia d’amore con il Tenente, facendolo sposare con l’inganno a una delle sue figlie, e dopo molte peripezie il lieto fine con la giusta punizione: questa la storia di Himegimi, principessa di Sumiyoshi, costellata di imprevisti, lacrime copiosamente versate, missive romantiche, versi che scandiscono il passare del tempo mentre ritraggono lo stato d’animo dei protagonisti. Una Cenerentola ante litteram commovente, talvolta ironica, qui in prima traduzione italiana, che ci offre uno spaccato della vita degli aristocratici di corte del Giappone intorno al x secolo.
Vai all’articolo successivo:
Libri giapponesi classici e contemporanei: 2 Il periodo Edo
Rispondi