La letteratura giapponese ha una storia lunga e variegata che nel corso dei secoli, ha attraversato diverse fasi storiche, sociali e culturali, evolvendosi in una vasta gamma di generi e forme letterarie.
Questo specifico articolo è il quarto di 6 articoli che cercheranno di offrire una panoramica della letteratura giapponese, esplorando i principali periodi e generi, con esempi di opere tradotte in italiano. Gli articoli di questo percorso di lettura saranno:
Libri giapponesi classici e contemporanei: 1 Il periodo Nara e Heian
Libri giapponesi classici e contemporanei: 2 Il periodo Edo
Libri giapponesi classici e contemporanei: 3 Il periodo Meiji
Libri giapponesi classici e contemporanei: 4 Il periodo Taishō
Libri giapponesi classici e contemporanei: 5 Il periodo Showa
Libri giapponesi classici e contemporanei: 6 Il periodo Heisei e contemporaneo
Il Periodo Taishō (1912-1926) Avanguardie e impegno politico
Il periodo Taishō si apre al termine della seconda guerra mondiale ed è caratterizzato dai disordini del riso, dal grande terremoto del ’23 e dalle grandi lotte sociali il cui esponente più famoso è senza dubbio Takiji Kobayashi con il suo Kanikōsen 蟹工船, Il peschereccio di granchi, nel quale sfata il miracolo industriale del Giappone anni ’20.
Il peschereccio di granchi
Il peschereccio di granchi di Takiji Kobayashi – Era il grande Giappone quello degli anni ’20, quello del sorprendente miracolo industriale asiatico. Ma, si sa, dietro ogni miracolo c’è sempre una realtà con la quale non sempre è piacevole, né in fondo, necessario, dover fare i conti.
Lo Shishōsetsu 私小説, il romanzo dell’Io
Sull’onda decadente della scuola Burai-ha (scuola decadente) formata da giovani appartenenti a quell’aristocrazia tradizionale in via di estinzione, tra i quali l’esponente più importante è Osamu Dazai, si sviluppa il genere dello Shishōsetsu, il romanzo dell’io, opere che portano all’estremo il naturalismo attraverso un approccio intimista e brutalmente sincero al punto di essere crudo nell’esposizione del lato più oscuro della società e della vita dello stesso autore al punto da essere sempre semi autobiografici. Il naturalismo e lo shishōsetsu sono così vicini che solitamente si pone tra i primi shishōsetsu Futon di Tayama Katai dove il protagonista confessa il suo affetto per una sua allieva. Esempi di shishōsetsu sono poi Ningen shikkaku 人間失格 lo squalificato e Shayō 斜陽 Il sole si spegne entrambi di Osamu Dazai. Alcuni lettori si riconobbero così tanto nell’atmosfera e il sentimento dominante del romanzo il sole si spegne al punto da identificarsi come “figli del sole al tramonto”.
Lo squalificato
Lo squalificato di Osamu Dazai – Tre quaderni di memorie e tre fotografie. È tutto ciò che serve per raccontare la vita tormentata e dissoluta di Yozo che, nel Giappone dei primi anni Trenta, vive diviso tra le antiche tradizioni della sua nobile famiglia e l’influenza della nuova mentalità occidentale: una lacerazione che fa di lui un individuo “squalificato”. Incapace di comprendere gli altri esseri umani, soprattutto le donne, o di tessere relazioni autentiche, fin dall’infanzia Yozo azzarda un’inutile riconciliazione con il mondo, finendo poi per nascondere la propria alienazione dietro una maschera da buffone e in seguito per tentare il suicidio. Senza cedere per un attimo al sentimentalismo, Yozo ripercorre i fallimenti, le meschinità della propria esistenza, con fuggevoli lampi di tenerezza. Grande classico del Novecento, tra i libri giapponesi più letti e amati, “Lo squalificato” (1948) – qui tradotto per la prima volta dall’originale giapponese – esercita tuttora un fascino che va ben oltre le inquietanti similarità tra la vicenda narrata e la biografia dell’autore. Solo il genio letterario di Dazai Osamu, un Rimbaud dell’Estremo Oriente, poteva rendere con tale impeccabile rigore la sublime, sciagurata disperazione di un’esistenza votata all’annientamento.
Il sole si spegne
Il sole si spegne di Osamu Dazai – La guerra è terminata da pochi mesi, il Giappone è un Paese ferito e lacerato tra le memorie di un passato aristocratico e uno stile di vita che già guarda ai modelli dei vincitori occidentali, senza tuttavia riuscire a liberarsi di quella «moralità obsoleta» che ha imperato per secoli. Anche Kazuko è ferita e lacerata: morto il padre da molti anni, finito con un divorzio e senza figli il suo matrimonio, disperso nel Pacifico del Sud il fratello Naoji, tutto ciò che le rimane della sua nobile famiglia è una madre dall’istintiva eleganza, ormai anziana e malata. Senza più un soldo, le due donne sono costrette a lasciare la casa di Tōkyo e trasferirsi in campagna, dove Kazuko dovrà imparare a lavorare la terra, in attesa del ritorno di Naoji. Sarà proprio con l’arrivo del reduce, divenuto dipendente dalle droghe, che la vicenda di Kazuko avrà un drammatico sviluppo. Pubblicato nel 1947, “Il sole si spegne” è un romanzo di grande intensità emotiva che ebbe enorme influenza nella società giapponese del Dopoguerra, umiliata e oscillante tra feudalesimo e civiltà industriale: il libro nel quale si è riconosciuta un’intera generazione.
La nascita del tantei shosetsu 探偵小説 il romanzo d’investigazione
In questo periodo si sviluppa anche la letteratura popolare che si suddivide in tre filoni: jidai shosetsu (romanzo d’epoca), gendai shosetsu (romanzo d’attualità), tantei shosetsu (romanzo d’investigazione).
La storia del giallo giapponese moderno comincia con Edogawa Rampo, pseudonimo di Tarō Hirai, che negli anni ’20 e ’30 inizia a scrivere racconti polizieschi ispirati ai grandi autori occidentali, come Edgar Allan Poe e Arthur Conan Doyle (Lo pseudonimo “Edogawa Ranpo” è infatti la trasposizione fonetica del nome di Poe). Rampo crea il suo celebre detective, Kogoro Akechi, e introduce elementi psicologici e macabri che renderanno il giallo giapponese unico nel suo genere. Le sue opere combinano mistero e intrigo con una profondità emotiva e un’atmosfera spesso inquietante, esplorando temi di follia, perversione e il lato oscuro della psiche umana.
È comunque doveroso riportare altri titoli di questo maestro che spesso sfocia nelle tinte horror, come La strana storia dell’Isola Panorama e La belva nell’ombra.
Anche il famoso premio nobel per la letteratura Jun’ichirō Tanizaki dà prova di cimentarsi con il tantei shosetsu, e fortunatamente possiamo ritrovare i suoi Racconti del crimine pubblicati in Italia.
La poltrona umana e altri racconti
La poltrona umana e altri racconti di Edogawa Ranpo – “La poltrona umana” è il titolo di uno dei sei celeberrimi racconti scritti nel 1925 da Edogawa Ranpo, padre del noir giapponese, e presenti in questo volume. Gli altri cinque racconti sono gli altrettanto noti: “Il delitto della salita D.”, “Il test psicologico”, “La banda della mano nera”, “Occhi dalla soffitta” e “Il bacio”, in cui l’autore, oltre a far esordire il giovane detective Akechi Kogoro, introduce le tematiche classiche della sua scrittura tra cui quella del doppio, l’ossessione per il crimine e le perversioni sessuali, il voyeurismo, nonché l’attrazione verso gli specchi in uno stile squisitamente erotico-grottesco. Tra i protagonisti dei suddetti racconti, Ranpo presenta Goda Saburo, un giovane crossdresser che si rinchiude nel proprio armadio per poi aggirarsi silenzioso nell’oscurità dei sottotetti con l’intento di spiare gli ospiti della pensione dove alloggia; Fukiya Seichiro, uno sfaccendato studente che è fatalmente attratto dai propri impulsi omicidi; la misteriosa Ohana che provoca la gelosia del marito perché coinvolta in un ambiguo rapporto con il di lui datore di lavoro; e infine il misterioso artigiano di poltrone con la sua ossessione per i corpi delle sue ignare vittime. “La poltrona umana” e gli altri racconti di questa raccolta sono il manifesto di una società che cambiava a un ritmo sempre più incalzante e di un’intera generazione di giovani risucchiata giocoforza nel mito della “modernità” nipponica degli anni venti.
La strana storia dell’Isola Panorama
“La strana storia dell’Isola Panorama” è un romanzo mystery che ben esemplifica le caratteristiche che hanno reso Edogawa Ranpo un luminare di questo genere letterario: come nel romanzo “Il principe e il povero” di Mark Twain, l’intrigo prende le mosse dallo stratagemma narrativo dello scambio di identità, che permette all’indigente protagonista di venire catapultato in una condizione di estremo benessere economico e di accedere a un patrimonio smisurato. Lo scambio comporta tuttavia in questo caso che la sua identità originale vada perduta, perché il personaggio a cui si va a sostituire è un facoltoso ex compagno di studi che è deceduto. Se l’incredibile somiglianza fisica sembrerebbe dunque non poter bastare per giustificare la resurrezione di un defunto, l’autore trova una convincente spiegazione nel fenomeno della sepoltura prematura, reso celebre dall’omonimo racconto breve di Edgar Allan Poe che viene esplicitamente citato anche nel romanzo. Un intreccio ben congegnato che si dipana tra macabri dissotterramenti e occultamenti di cadaveri, omicidi efferati e suicidi simulati, folli utopie e crisi di onnipotenza ci conduce verso un finale pirotecnico in cui il protagonista, come in ogni romanzo mystery che si rispetti, dovrà affrontare la figura di un detective che sembra essere pronto a smascherarlo.
La belva nell’ombra
La belva nell’ombra (1928), qui tradotta per la prima volta in italiano, è l’opera più nota di Edogawa Ranpo e ormai un classico del genere. L’intreccio emerge poco per volta, in un crescendo di colpi di scena in cui il sottile gioco psicologico si mescola a elementi di ambiguo erotismo. Samukawa, autore di romanzi polizieschi, s’improvvisa detective quando conosce una donna affascinante, Shizuko, che gli confida di essere perseguitata da un innamorato respinto che la terrorizza minacciando di uccidere lei e suo marito. Lo scrittore si trova così implicato in una storia misteriosa dove l’identità del colpevole appare sempre più sfuggente. Quando la ricerca dell’assassino del marito sembra non approdare più a nulla, un piccolo particolare, il bottoncino di un guanto, fa capire a Samukawa che tutto il castello delle sue deduzioni è fondato su un errore e che il colpevole è più vicino di quanto egli avesse immaginato. Il tragico finale gli lascerà però per sempre il tarlo del dubbio.
Racconti del crimine
Racconti del crimine di Jun’ichirō Tanizaki – Filo conduttore di questa avvincente selezione di sei racconti del periodo giovanile di Tanizaki è il genere del romanzo poliziesco. Per la strada (1920) era stato accolto da Edogawa Ranpo, il padre del mystery giapponese, come «un’opera che ha fatto epoca nel tantei shōsetsu [romanzo poliziesco] e di cui possiamo andare fieri davanti agli occidentali». Come Tanizaki stesso afferma, che in questi racconti il crimine ci sia o non ci sia è un problema secondario: «anche se fosse proprio obbligatorio far accadere un crimine, non sarebbe comunque necessario arrivare a uccidere». L’intenzionalità dell’autore non è solo sperimentare il modello classico del poliziesco o le sue varianti – il delitto, l’indagine, la scoperta del colpevole o la soluzione del caso –, ma costruire la trama del romanzo come in un effetto di trompe-l’oeil, per ingannare lo sguardo del lettore. Il romanzo deve avere una trama interessante e suscitare l’interesse del pubblico. Il metodo scientifico-deduttivo del «poliziesco logico» offre la possibilità da un lato di sperimentare quella che Tanizaki definisce la «bellezza architettonica» del romanzo, dall’altro di coinvolgere il lettore nella scoperta della verità, sapendo che a questa non si arriva d’un tratto, ma gradualmente e in modo parziale, grazie a una serie di induzioni e deduzioni che si intrecciano e che alla fine portano alla rivelazione.
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