Libri giapponesi classici e contemporanei: 5 Il periodo Showa

La letteratura giapponese ha una storia lunga e variegata che nel corso dei secoli, ha attraversato diverse fasi storiche, sociali e culturali, evolvendosi in una vasta gamma di generi e forme letterarie.

Questo specifico articolo è il quinto di 6 articoli che cercheranno di offrire una panoramica della letteratura giapponese, esplorando i principali periodi e generi, con esempi di opere tradotte in italiano. Gli articoli di questo percorso di lettura saranno:

Libri giapponesi classici e contemporanei: 1 Il periodo Nara e Heian

Libri giapponesi classici e contemporanei: 2 Il periodo Edo 

Libri giapponesi classici e contemporanei: 3 Il periodo Meiji 

Libri giapponesi classici e contemporanei: 4 Il periodo Taishō

Libri giapponesi classici e contemporanei: 5 Il periodo Showa

Libri giapponesi classici e contemporanei: 6 Il periodo Heisei e contemporaneo

Periodo Showa (1926-1989): il romanzo moderno e la narrativa psicologica

Nel periodo Showa, la letteratura giapponese continua a evolversi, esplorando temi più complessi e introspettivi. La scrittura giapponese diventa sempre più vicina alla narrativa europea, con influenze della letteratura russa, francese e americana.

Letteratura della bomba atomica (genbaku bungaku 原爆文学) 

Si tratta di opere che descrivono l’esperienza traumatica sui bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki con realismo fedele ma rimanendo all’interno della fiction. A seconda delle generazioni esistono tre diverse categorie di questo genere: 

Genbaku bungakuLa prima generazione degli hibakusha: i testimoni sopravvissuti

Si tratta degli scritti composti dai testimoni diretti, gli hibakusha, vittime delle esplosioni o dei loro soccorritori. Queste opere sono per lo più scritte da autori dilettanti. I principali esponenti di questa prima fase sono considerati Yōko Ōta tra i cui lavori vi è hikabane no machi 屍の街, Città di cadaveri, e Tamiki Hara con L’ultima estate di Hiroshima e Kyoko Hayashi con Matsuri no ba まつり の 場 pubblicato in Italia con il titolo Nagasaki – Racconti dell’atomica

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Città di cadaveri

Città di cadaveri di Yōko Ōta – Il 6 agosto 1945 la bomba atomica vine sganciata sulla città di Hiroshima. Yōko Ōta si trova li, a poca distanza dall’epicentro: miracolosamente sopravvissuta alla catastrofe, ci racconta senza censure il dramma dell’umanità, il minuto dopo, il giorno dopo, il mese dopo la deflagrazione. Uno sguardo straziante ma necessario, per cogliere Hiroshima in tutta la sua concretezza, nell’orrore e nel dolore di quel che resta dopo. Una voce coraggiosa contro la violenza inumana del conflitto, e contro l’incomprensibile potenza distruttrice dell’essere umano.

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L’ultima estate di Hiroshima

L’ultima estate di Hiroshima. L’uomo sopravvissuto all’atomica di Tamiki Hara – Hara Tamiki si trovava a 1,5 km dall’epicentro della bomba atomica di Hiroshima. Miracolosamente si è salvato e ha raccontato la sua città prima, durante e dopo Enola Gay. Una fortissima testimonianza. Uno spaccato di non vita. Una foto su carta. 3 racconti: “Preludio alla devastazione” che dipinge Hiroshima un secondo prima dell’inferno, “Fiori d’estate” che ci porta nel calore più forte di quello del sole generato da Little Boy e infine “Dalle rovine” un tour tra le macerie umane, tra gli scheletri di palazzi e non solo.

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Nagasaki – Racconti dell’atomica

Nagasaki – Racconti dell’atomica di Kyoko Hayashi – Una delle più grandi autrici giapponesi, per la prima volta pubblicata in Italia, rivive il bombardamento atomico di Nagasaki nell’agosto del 1945. Un ricordo che continua a bruciare nei corpi e nelle menti dei sopravvissuti e si rinnova con la paura per i recenti incidenti nucleari. 

“Il buio svanì facendo posto a una luce tra il blu e il rosso, del colore dell’ortensia quando comincia a fiorire. Non era caldo, non era freddo. Sembrava una luce spettrale solida come un muro”

Genbaku bungaku – La seconda generazione: lo sguardo critico

Si tratta degli scritti composti da scrittori che approcciano l’argomento prendendone in considerazioni le implicazioni politiche e sociali, dunque si affianca il valore storico a quello analitico e artistico. Il testo più rappresentativo di questo periodo è considerato Kuroi Ame 黒い雨 La pioggia nera, scritto da Masuji Ibuse, il quale riporta, benché romanzate, le testimonianze di diversi hibakusha.

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La pioggia nera

La pioggia nera di Ibuse Masuji -Un lampo, una nube a forma di fungo, cangiante come una medusa, e poi quella strana pioggia nera, segno indelebile del destino della città di Hiroshima. L’ossimoro che Ibuse Masuji ha scelto per titolo è metafora del fall out atomico e trae il suo vigore dal contrasto: la pioggia è forza vitale, rigeneratrice, perché l’acqua nella tradizione religiosa giapponese è apportatrice di purezza. Inconciliabile con il nero, lo sporco, l’impuro. La pioggia nera è una contraddizione nel ciclo biologico, suona come una violenza verbale alle leggi della natura, così come la potenza distruttrice dell’atomo rinnega la vita dell’uomo, agendo sull’origine del suo essere, scollando gli anelli della sua catena genetica. Con questo romanzo Ibuse Masuji ci fa rivivere la tragedia di Hiroshima attraverso gli occhi ignari e rassegnati di persone come tante, e ci dimostra come la finzione letteraria, con gli artifici che le sono propri, riesca a sublimare il dato reale della ricerca storica e a convogliare il senso del vero più di un’asciutta descrizione realistica. Con uno stile pacato, senza retorica né vittimismo, Ibuse salva il senso della scrittura come “memoria” e recupera al di là dell’orrore la dignità dell’uomo.

Genbaku bungaku – La terza generazione: i post-nucleare

Gli scrittori di terza generazione affrontano l’argomento speculando sulle possibilità e le promesse di un mondo post-nucleare futuro, ricordando le tragedie passate evitando di porle come soggetti delle opere. L’opera Hiroshima Nōtoヒロシマノート Note su Hiroshima di Kenzaburō Ōe scrittore premio Nobel per la letteratura nel 1994 a cavallo tra la seconda e la terza generazione, è considerata una delle opere emblematiche del genere.

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Note su Hiroshima

Note su Hiroshima di Kenzaburō Ōe – Alle 8:15 del 6 agosto 1945, un aereo statunitense sgancia un ordigno nucleare sulla città di Hiroshima, e dal quel momento il mondo cambia per sempre. In questo commovente ricordo, Kenzaburō Ōe racconta delle tante vittime – giovani, anziani, donne e bambini – causate da quell’esplosione, ma anche dei valorosi sforzi compiuti in quei terribili momenti, e negli anni a venire, dai medici e dai sopravvissuti. Nelle parole del più importante scrittore giapponese contemporaneo, si denuncia con forza l’enormità della devastazione compiuta, ma contemporaneamente prende vita il ritratto dolce e sensibile della gente di quella città distrutta. E, attraverso le testimonianze raccolte, nasce dalle pagine di questo libro un accorato e fermo atto d’accusa contro il proliferare delle politiche nucleari, e contro ogni tipo di violenza.

La letteratura di guerra e il romanzo psicologico

Durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, gli autori giapponesi affrontano temi legati al conflitto, alla morte e alla ricostruzione sociale. Autori come Yasunari Kawabata (premio Nobel per la letteratura nel 1968) e Kenzaburō Ōe (premio Nobel nel 1994) esplorano le ferite lasciate dalla guerra e i cambiamenti nella società giapponese.

In Yukiguni 雪国 Il paese delle nevi, Yasunari Kawabata, esplora la solitudine e la bellezza di un Giappone ormai lontano dalla modernità industriale.

In Man’en gan’nen no futtobōru 万延元年のフットボール  Il grido silenzioso,  Kenzaburō Ōe affronta il tema del dolore psicologico e della crisi esistenziale.

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Il paese delle nevi

Il paese delle nevi di Yasunari Kawabata – In viaggio verso un remoto villaggio termale tra le montagne giapponesi, Shimamura, raffinato intellettuale di Tokyo, cerca pace e riposo, desideroso di sfuggire alla monotonia della vita cittadina e ritrovare se stesso. E nell’idilliaco paese delle nevi incontra Komako, una giovane geisha, donna passionale e vulnerabile. Tra loro nasce un rapporto alimentato da non detti, incertezze e desideri dell’animo e del corpo, una storia d’amore intrisa di ambiguità e di amara solitudine: i turbamenti interiori dei personaggi e le loro debolezze emotive si trasformano in immagini e vicende scomposte che si intrecciano al naturale e imprevedibile fluire dell’inverno. «Kawabata» scrive Giorgio Amitrano «nel suo stile ellittico, allusivo, ci restituisce la realtà con la stessa complessità e frammentarietà con cui la percepiamo, non nella sua versione edulcorata e semplificata. Se la sua arte mimetica non ci rassicura e non ci consola, essa raggiunge l’essenza delle cose e dei sentimenti che ci rivela fragili, impermanenti, inconoscibili.» Il paese delle nevi (1937), capolavoro di Kawabata, è un dipinto delicato, lirico, segnato da silenzi e pause che lasciano affiorare fratture di significato e venature di acceso erotismo. In questo mondo etereo e sospeso, la malinconia si fonde con il candore immacolato della neve, come un’impronta leggera che mostra la fugace e ambigua bellezza della vita, labile e intensa nella sua transitorietà.

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Il grido silenzioso

Il grido silenzioso di Kenzaburō Ōe – Due fratelli, Mitsu e Taka, fanno ritorno al loro villaggio d’origine nel Sud-ovest del Giappone. Vivono in maniere diverse il senso di distruzione e sradicamento che li ha investiti e la difficile ricomposizione del loro universo psichico e sociale, mitico e storico, dal quale si scoprono ancora dipendenti. Il motore di questa macchina narrativa è il contrasto tra i due protagonisti: Mitsu l’introverso, il pensatore disincantato e scettico, poco incline all’azione, condannato da un incidente ad avere un occhio aperto sulle tenebre; Taka l’idealista, l’aggressivo e misterioso fratello minore, si identifica con i personaggi scomodi e perdenti della famiglia. Saga famigliare, parabola politica, drammatica confessione in cui si fondono la ricomposizione dei sentimenti, la dignità cercata oltre le angosce prodotte dalla storia, la speranza ritrovata al termine di un crudele e liberatorio ritorno alle origini, Il grido silenzioso è una tragedia moderna che dà forma a un mondo immaginario di straordinaria ricchezza.

Jun’ichirō Tanizaki

Altro scrittore significativo di quest’epoca è Jun’ichirō Tanizaki con racconti e romanzi incentrati sul tema della bellezza femminile legata ad ossessioni erotiche distruttive. Nel 1964, l’anno prima della sua morte, fu nominato per il premio Nobel per la Letteratura. Un esempio dei suoi lavori è Sasame yuki 細雪 Neve sottile

Neve sottile di Jun’ichirō Tanizaki

Neve sottile

Neve sottile di Jun’ichirō Tanizaki – Nel 1942 il governo giapponese imponeva la censura su “Neve sottile,” il romanzo che Jun’ichirō Tanizaki stava pubblicando a puntate su una rivista: nelle sue pagine la guerra, minacciosa e inarrestabile marea, suscitava nei personaggi sgomento e preoccupazione, non il fervore dell’allineamento. Tanizaki era ben lontano dall’urgenza degli eventi: nella storia di quattro sorelle di Osaka, degli equilibri e squilibri affettivi che giocano in seno alle famiglie, straordinaria è l’intensità dell’esperienza psicologica; mai il racconto si aggiusta nei limiti angusti di una cronaca. Ma c’è di più. Il confronto fra il modello occidentale e le antiche tradizioni nipponiche si fa materia e motivazione delle scelte, emblema dei destini personali. “Neve sottile” è il grande romanzo della maturità di Tanizaki: nelle sue pagine l’erotismo delle prime e delle ultime opere si arricchisce fino a una profonda ricognizione dell’esistenza umana.

Yukio Mishima: Tra Estetica e Inquietudine, il Tragico Genio della Letteratura Giapponese

Con uno stile letterario raffinato e una visione del mondo profondamente legata alla tradizione giapponese, Mishima ha esplorato temi di bellezza, morte, onore e disillusione. La sua vita e la sua morte (tramite suicidio rituale nel 1970) sono diventate parte integrante della sua leggenda, aggiungendo una dimensione tragica e simbolica alla sua produzione. Le sue opere, come Confessioni di una maschera e Il padiglione d’oro, mescolano una scrittura intensa e psicologica con un profondo disincanto verso il Giappone moderno, visto come corrotto e distante dalle sue radici culturali. Mishima resta una figura enigmatica, simbolo di una tensione tra l’antico e il moderno, il corpo e lo spirito, il desiderio di bellezza e l’inevitabilità della morte.

Tra gli altri suoi romanzi, si possono ricordare anche i romanzi La voce delle onde, Neve di primavera e Lezioni spirituali per giovani samurai.

Confessioni di una maschera

Confessioni di una maschera di Yukio Mishima – Un giovane cui “difetta in via assoluta qualsiasi forma di voglia carnale per l’altro sesso” deve imparare a vivere celando la propria autentica identità. In pagine in cui risultano indissolubilmente commisti sessualità e candore, esultanza e disperazione, il protagonista di questo romanzo confessa le esperienze cruciali attraverso le quali è giunto a conoscere se stesso: dalla “adorazione indicibile” per un paio di calzoni all’elaborazione di fantasie sadomasochistiche, dall’identificazione con personaggi femminili celebri alle sconcertanti interpretazioni di fiabe e motivi iconografici occidentali… L’accettazione di se stesso come uomo diverso dagli altri uomini non si attua senza una lotta, tanto strenua quanto vana, per conquistare la normalità: simula vizi immaginari per far passare inosservate le proprie vere inclinazioni, si costringe a corteggiare giovinette per chiarire sino a qual punto la donna possa offrire piaceri reali, corregge con zelo manifestazioni di rischiosa passionalità… Ma “le emozioni non hanno simpatia per l’ordine fisso” e i suoi sentimenti reali rimangono, tenaci, 

Il padiglione d’oro

Il padiglione d’oro di Yukio Mishima – Non c’è recensore, in Giappone e fuori, che, cercando parentele o fonti d’ispirazione per questo capolavoro della letteratura giapponese moderna, non abbia fatto il nome di Dostoevskij. Incominciarono i giapponesi: per quanto la cosa possa apparire sorprendente, la voga di Dostoevskij aveva raggiunto nell’immediato dopoguerra un’ampiezza senza precedenti e nel triennio 1947-50 Delitto e castigo era stato uno dei più clamorosi best-seller della storia dell’editoria nipponica. Èappunto nel 1950 che avvenne il fatto che ispirò a Mishima questo Padiglione d’oro, che è del 1958: un giovane accolito buddista, deforme e balbuziente, dà fuoco a uno dei maggiori monumenti dell’arte giapponese, il padiglione di un celebre santuario di Kyoto, il Kinkakuji, il quattrocentesco tempio zen. La storia di questo clamoroso gesto è raccontata da Mishima con aderenza alla cronaca, ma in modo da assegnare un senso simbolico ossia problematico all’azione del piromane. La chiave dell’ossessione di Mizoguchi, Mishima la ricerca in quell’attesa quasi magica della grande distruzione che rappresenta il tema profondo di tutta la prima parte del libro fino al giorno della sconfitta bellica del Giappone. La calata agli inferi si svolge sul tema di straordinarie, attonite rievocazioni di memorie dell’infanzia. Il tema della bellezza suprema del padiglione affonda le sue radici in un’ossessione infantile esorcizzata dallo storpio Mizoguchi con un atto che trova giustificazione anche nella dottrina buddista della morte al mondo e della cancellazione del bello in quanto pura apparenza.

La voce delle onde

La voce delle onde di Yukio Mishima – romanzo. Si tratta di una storia d’amore che sulla sponda del mare nasce e si sviluppa, raggiungendo apici di toccante e poetica spontaneità e semplicità. La vita, fatta di coraggio e di sacrificio, di un povero villaggio di pescatori giapponesi è lo sfondo per le uscite sul mare in tempesta, la pesca delle perle e i convegni d’amore di due giovani protagonisti, Shinji e Hatsue, su al tempio di Yashiro, che dall’alto del monte domina l’Isola del canto – Uta-jima – come armoniosamente la chiamano i suoi abitanti. Questo racconto, per la sua raffinata sensibilità, occupa un posto di rilievo nella vasta produzione di Yukio Mishima (1925-1970), uno dei maggiori esponenti della letteratura giapponese moderna; ricordiamo fra i suoi romanzi Il Padiglione d’oro, Dopo il banchetto, Confessioni di una maschera, Trastulli di animali, pubblicati con molto successo da Feltrinelli.

Neve di primavera

Neve di primavera di Yukio Mishima – La storia è ambientata in Giappone dopo la guerra russo-giapponese, negli anni che precedono la prima guerra mondiale, e il contesto è quello dell’alta società, convenzionale e tradizionalista ma attratta anche dalla moderna civiltà anglo-occidentale. Tutti sono ossessionati dal decoro, dal rispetto delle apparenze e dalla conformità a regole antiche, nonostante l’ipocrisia di fondo, in una realtà che sta rapidamente mutando. Protagonista principale è il giovane Kiyoaki Matsugae, appartenente a una famiglia di Samurai, figlio di marchesi, ma cresciuto nella più aristocratica casa dei conti Ayakura, vicina alla corte imperiale, dove ha ricevuto un’educazione estremamente elitaria. Trascorre così pubertà e adolescenza al fianco della figlia dei conti, Satoko, di due anni maggiore di lui. Kiyoaki ha ora diciott’anni, frequenta la Scuola dei Pari, e ha per amico Honda Shigekuni, un ragazzo concreto e positivo, più maturo e consapevole di lui. Satoko ha vent’anni ma ancora non ha accettato un pretendente, essendo segretamente innamorata di Kiyoaki, che è un bellissimo giovane, di gusti raffinati e tratti aggraziati. Per indole ed educazione è malinconico e sensibile, orgoglioso e capriccioso, emotivo e instabile, tutto sentimento e privo di volontà, ignaro ancora del proprio desiderio sessuale e quindi infantile nel giocare con l’affetto di Satoko. L’amore tra i due in ogni caso sboccia, in circostanze a loro sfavorevoli, e li trascina in una passione senza vie d’uscita, che li travolgerà entrambi. Honda intanto assiste come muto testimone ai mille moti contraddittori del cuore e alle sfumature dei sentimenti dell’amico che per la prima volta si trova a gestire emozioni di cui non ha esperienza, affrontando pure l’incomprensione di una società adulta ostile.

Lezioni spirituali per giovani samurai di Yukio Mishima

Lezioni spirituali per giovani samurai

Lezioni spirituali per giovani samurai di Yukio Mishima – Yukio Mishima era convinto che la verità può essere raggiunta solo attraverso un processo intuitivo in cui pensiero e azione si trovano uniti. Questa filosofia della vita gli derivava dal pensiero di Wang Yang Ming (1475-1529) e dall’etica dei samurai che a esso si ispirava. L’ideologia dei guerrieri antichi era, per Mishima, l’essenza stessa della ‘giapponesità’, della sua natura più vera. Alla fine degli anni sessanta, egli, risolse, o credette di risolvere, i suoi dilemmi esistenziali, che così mirabilmente aveva rappresentato in romanzi come Confessioni di una maschera (1949) e Il padiglione d’oro (1956), con una scelta para-militare: contrapponendo il ‘linguaggio della carne’ al linguaggio delle parole. In questo volume vengono raccolti cinque testi che testimoniano di questa svolta: Lezioni spirituali per giovani samurai (1968-69); L’associazione degli scudi (1968); Introduzione alla filosofia dell’azione (1969-70); I miei ultimi venticinque anni (1970) e il Proclama che Mishima lesse il 25 novembre 1970, pochi istanti prima di ammazzarsi.

L’età d’oro del tantei shosetsu 探偵小説 il “Kaidan” Poliziesco nell’era Showa

Negli anni ’50 e ’60, durante il periodo Showa, il giallo giapponese raggiunge la sua “età dell’oro”. Autori come Seishi Yokomizo, con il suo famoso detective Kindaichi Kōsuke 本陣殺人事件, e Matsumoto Seichō, che nei suoi romanzi integra il poliziesco con l’investigazione sociale e morale, divengono i pilastri del genere. Yokomizo introduce un mix di enigmi intricati, indagini meticolose e un’atmosfera di mistero che si intreccia con le tradizioni culturali giapponesi, mentre Matsumoto spinge il giallo verso un esame più critico della società.

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Il dubbio

Il dubbio di Seichō Matsumoto –  Onizuka Kumako è una donna avvenente, dalla figura prosperosa e dai modi spregiudicati. Entraîneuse nei bar di Tokyo, sa come sedurre i clienti, e per farsi rispettare non esita a usare le maniere forti – e a ricorrere, se necessario, alle sue amicizie malavitose. Peccato che Shirakawa Fukutaro, ricco vedovo alla disperata ricerca di compagnia, sia all’oscuro del suo passato e decida di sposarla, portandola a vivere nella regione dello Hokuriku. Sarà un matrimonio di breve durata: in una piovosa sera di luglio l’auto su cui viaggiano finisce nelle acque del porto e Fukutaro annega. Accusata di aver architettato l’omicidio per riscuotere il premio di un’assicurazione sulla vita del marito, Kumako si ritrova nel tritacarne della stampa che, assecondando i pregiudizi della gente del posto, si scatena contro la «demonessa». Benché dal carcere lei non cessi di proclamarsi innocente, solo una manciata di temerari avvocati è disposta a crederle: almeno fino a quando il dubbio non comincia a serpeggiare e inattesi particolari tornano alla luce. Come sempre Matsumoto si rivela un maestro nel rovesciare le prospettive, ma soprattutto nello spiazzare il lettore smascherando, a partire da un’oscura vicenda, il più torbido sottofondo della società giapponese.

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Il detective Kindaichi e la maledizione degli Inugami

Il detective Kindaichi e la maledizione degli Inugami di Yokomizo Seishi – Kindaichi Kōsuke, detective di fama tutto logica e conoscenza della natura, viene avvisato per lettera che una tragedia sta per travolgere l’illustre famiglia degli Inugami. Kōsuke si precipita a Nasu, paesino tra le montagne giapponesi in riva a un idillico lago. È il 1949 e lì, nel suo palazzo, è appena spirato il magnate d’industria Inugami Sahee, il re del tessile. Attorno al letto di morte sta raccolta la folla degli eredi, divisi da odi reciproci: le tre figlie, avute da donne diverse, e i loro tre figli, nipoti del vecchio. E la bella Tamayo, che però non ha legami di sangue con gli Inugami, è la nipote del prete shintoista che accolse Sahee quando era un giovanissimo vagabondo, misero e senza futuro. Per questo e per le sue virtù, Tamayo è stata amatissima, al contrario dei parenti. Il testamento del patriarca non può però essere aperto finché manca all’appello il quarto nipote, Sukekiyo, ancora prigioniero di guerra. E quando finalmente Sukekiyo si presenta, coperto da una maschera che nasconde il suo viso deturpato da una bomba, il con-tenuto del testamento sgomenta tutti: la guida dell’impero industriale andrà a Tamayo a condizione che sposi uno dei tre nipoti; in caso di morte della giovane, invece, gran parte del patrimonio spetterà a un figlio segreto, e solo la parte restante ai nipoti. È come una sentenza, una maledizione: omicidi rituali, segnati dai tre simboli del casato – l’ascia, il koto e il crisantemo –, eliminano i pretendenti, personaggi oscuri si muovono per il paese, le identità di ciascuno si celano e si confondono. In questo ginepraio, Kindaichi – che è basso, trasandato e un po’ buffo, ma che brilla per doti deduttive – esplora piste sempre diverse, abbraccia e abbandona ipotesi di colpevolezza che improvvisi cambi di scena smentiscono. Mentre odio, invidia, onore ferito si mescolano sotto i suoi occhi in un amalgama melmoso.
La maledizione degli Inugami contiene la chiave del grande giallo, ovvero l’avvicendarsi senza respiro di situazioni misteriose. E Yokomizo Seishi, uno dei maestri del crime deduttivo giapponese, ha il talento di inserirlo dentro una nuova atmosfera, tanto esotica quanto adatta a dare plasticità a cupezze e inquietudini.

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Il teatro fantasma

Il teatro fantasma di Yokomizo Seishi – È il mistero la cifra che tiene insieme i tre romanzi brevi riuniti in questo libro. Un mistero che, come nei racconti di Edgar Allan Poe, corre lungo il filo tesissimo dell’enigma, fino allo scioglimento improvviso, la sorpresa, la vertigine. Nel primo, “Una testa in gioco”, il detective Kindaichi – goffo, trasandato, di intuito acutissimo – è alle prese con un caso che sembra il macabro rovescio dei «gialli col cadavere senza volto»: nell’appartamento di una spogliarellista viene trovata la testa della donna sopra un tavolo da poker; intorno, un lavabo colmo di sangue, una sega affilata, due vestaglie quasi identiche: nessuna traccia del corpo. E mentre Kindaichi insieme al suo amico ispettore Todoroki conduce l’interrogatorio serrato dei testimoni, la verità si fa sfuggente, si sposta, l’indagine sul colpevole si sovrappone alla ricerca della vittima in un cortocircuito di identità. Ha i tratti della fiaba thriller il secondo romanzo, “Il teatro fantasma”, che vede Kindaichi Kōsuke immergersi nel mondo ostile del teatro kabuki: tre fratellastri e la loro rivalità sotterranea, un vecchio e fedele assistente di scena, un’impresaria cieca e la sparizione inspiegabile di un giovane attore avvenuta sul palco sedici anni prima, destinata a ripetersi come una sfida rivolta a Kindaichi, questa volta in forma di omicidio. Ancora un caso di sparizione, pericolosamente semplice, è al centro de “Il corvo”, ambientato in uno stabilimento termale annesso a un santuario shintoista. Quella che doveva essere una vacanza ristoratrice si trasforma per Kindaichi in una nuova indagine: tra corvi sacri che stillano sangue, la maledizione di una dea gelosa, e il più antico dei moventi: l’invidia. Anche in questa raccolta Yokomizo Seishi si conferma la mente diabolica del crime giapponese, capace di scrivere gialli nei quali la matrice occidentale del genere si fonde con gli elementi più tipici della cultura nipponica, anche quella soprannaturale, offrendo – ha scritto Giancarlo De Cataldo – «una finestra d’epoca su quel Paese lontano».

Il detective Kindaichi di Yokomizo Seishi

Il detective Kindaichi

Il detective Kindaichi – Un enigma della camera chiusa. Doppio omicidio nella dépendance della grande magione degli Ichiyanagi, ricchi e influenti possidenti. Il primogenito Kenzo, assieme alla giovane moglie, è ritrovato sgozzato, immersi i due corpi in un lago di sangue, nello stesso giorno delle nozze. L’ambiente dove è avvenuto il delitto è ermeticamente chiuso dall’interno, e l’arma del delitto, una spada tradizionale giapponese, giace a terra fuori dalla porta. Un brivido di terrore in più, che raggela gli abitanti della dimora, viene dal suono inspiegabile, nelle tardissime ore della notte, di un antico strumento a corde, il koto (il narratore della vicenda si riferisce ad essa come al «caso del koto stregato»). E nei dintorni si aggira uno strano personaggio, il viso sfregiato e solo tre dita nella mano, le cui impronte si trovano dappertutto. Yokomizo Seishi, massimo esponente del crime nipponico, attivissimo nei decenni di metà secolo scorso nell’epoca d’oro del giallo deduttivo, aveva una passione per il sottogenere della camera chiusa, tanto da essere soprannominato il «John Dickson Carr giapponese». In comune con il suo omologo anglosassone, aveva la capacità di tinteggiare le atmosfere di un terrore che sfiorava il soprannaturale, oltre al talento di ideare «miracoli criminali». Gli ingredienti essenziali di questo sottogenere sono tre. La tensione del mistero inspiegabile che si scioglie con la scoperta del geniale marchingegno dell’assassino. L’ambientazione suggestiva: come è appunto quella inusuale, tenebrosa, alquanto esotica del mondo dei grandi ex feudatari nipponici. E infine il fascino del bizzarro investigatore: e quello di Yokomizo Seishi, il detective privato Kindaichi Kósuke, è giovanissimo, un ventenne, di piccola statura, trasandato nel vestire quasi oltre la decenza, presuntuoso a rasentare lo sprezzo.

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La locanda del Gatto nero

La locanda del Gatto nero di Yokomizo Seishi – Un thriller del genere del «delitto senza volto, la seconda indagine del detective Kindaichi Kōsuke, un’icona della cultura popolare nipponica, poliziotto privato dalla eccentrica personalità e un talento per i misteri irrisolvibili, esemplare in patria quanto Maigret in Europa.

In un distretto di Tokyo, diventato nel dopoguerra «un pullulare di commerci clandestini», un bonzo del vicino tempio buddista è sorpreso a scavare spasmodicamente nel giardino della Locanda del Gatto nero. Dalla terra affiora un cadavere di donna. È una giovane evidentemente legata agli affari più o meno equivoci del locale ma ha il volto devastato e nessuno può riconoscerla. La polizia si concentra con poca fantasia sugli intrighi adulterini dei due proprietari dell’esercizio, i coniugi Itojima. Il marito sarebbe l’assassino della moglie in complicità con l’amante. Ma alcuni colpi di scena sconvolgono questa ricostruzione. È a questo punto che entra in scena il detective Kindaichi Ksuke, trasandato, irritante, balbuziente, infallibile: e tutto quanto, da puzzle inestricabile, diventa narrazione coerente.

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Fragranze di morte

Fragranze di morte di Yokomizo Seishi – L’anziana matriarca di una dinastia finanziaria, l’«Impero delle essenze» così detto per la diffusione planetaria che ha sviluppato nel settore dei profumi, invita nella propria residenza di montagna Kindaichi Kōsuke per un incarico investigativo. Nella casa è successa una tragedia. È morto impiccato il nipote, nonché erede della dinastia; accanto a lui una giovane donna strangolata. L’ipotesi del «suicidio d’amore», secondo cui lui avrebbe ucciso lei per poi togliersi la vita, non convince la ricca signora. Varie cose non tornano, e a Kindaichi dà molto da pensare una fragranza di profumo che si solleva dai corpi.

I vincitori del premio Akutagawa del periodo Showa

Si tratta del premio letterario più prestigioso del Giappone creato da Kan Kikuchi, direttore della rivista Bungei Shunjū, in memoria dello scrittore Ryūnosuke Akutagawa. Dal 1935 viene assegnato due volte l’anno, in gennaio e in luglio all’opera migliore di un autore esordiente pubblicata su quotidiano o periodico.

Nel 1950 vince Yasushi Inoue con il racconto Tōgyū 闘牛 la lotta dei tori.

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Tōgyū la lotta dei tori

Tōgyū la lotta dei tori di Yasushi Inoue – Ambientato in un paese appena uscito dalla guerra e ancora profondamente marchiato dalla sconfitta, questo romanzo narra la vicenda di Tsugami, giornalista di Osaka che decide di impegnare la testata per cui lavora nella sponsorizzazione di un combattimento di tori. Il racconto segue le fasi organizzative di questa grande scommessa, che per mesi assorbe completamente il protagonista regalandogli spregiudicatezza e combattività: ambizioni che cercano maldestramente di riscattarne lo smarrimento e la frustrazione per la fine di una civiltà e la perdita degli antichi ideali. Lo scontro dei tori, evento culminante di tutte le tensioni, diventa così il simbolo di una società in ginocchio, che tenta con fatica di risollevarsi e riprendersi dalle ferite del dopoguerra.

Nel 1951 Kōbō Abe vince il premio con Il delitto del signor S. Karma (壁―S・カルマ氏の犯罪 Kabe―S・Karuma shi no hanzai, 1951)

Ispirato dal surrealismo kafkiano, Abe Kōbō ha pubblicato diversi libri in Italia tra i quali il quaderno canguro (カンガルー・ノート Kangarū nōto) è l’ultimo uscito: 

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Il quaderno canguro

Il quaderno canguro di Abe Kōbō – Un comune impiegato si risveglia una mattina con le gambe ricoperte da germogli di ravanello giapponese, il daikon. In preda al panico, si rivolge a una clinica dermatologica, dove viene operato d’urgenza da una misteriosa equipe medica. Mentre è ancora sotto anestesia, decidono di trasferirlo in un limbo al confine tra i due mondi… Il malcapitato protagonista inizia così il suo incredibile viaggio nel sottosuolo, a bordo di un avveniristico lettino d’ospedale in grado di essere mosso dalla forza del pensiero. Presto giungerà sulle rive del Sanzu, il fiume dell’inferno buddhista, in un mondo popolato da personaggi enigmatici e grotteschi dove risuonano le note di inni sacri e di brani dei Pink Floyd: la sexy infermiera Libellula, il giovane americano esperto di arti marziali Hammer the Killer, il circo dei demoni bambini, i custodi delle terme della Valle Infernale e molti altri. Cercando di risolvere il mistero di cui è vittima, il protagonista lotta per la salvezza, sospeso tra la vita e la morte.

Nel 1975 vince Kyoko Hayashi  con Matsuri no ba まつり の 場 – Nagasaki – Racconti dell’atomica.

libri giapponesi, romanzi giapponesi

Nagasaki – Racconti dell’atomica

Nagasaki – Racconti dell’atomica di Kyoko Hayashi – Una delle più grandi autrici giapponesi, per la prima volta pubblicata in Italia, rivive il bombardamento atomico di Nagasaki nell’agosto del 1945. Un ricordo che continua a bruciare nei corpi e nelle menti dei sopravvissuti e si rinnova con la paura per i recenti incidenti nucleari. 

“Il buio svanì facendo posto a una luce tra il blu e il rosso, del colore dell’ortensia quando comincia a fiorire. Non era caldo, non era freddo. Sembrava una luce spettrale solida come un muro”

Nel 1976 vince Murakami Ryū con Kagirinaku tōmei ni chikai burū 限りなく透明に近いブルー Blu quasi trasparente

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Blu quasi trasparente

Blu quasi trasparente di Ryū Murakami – Giappone, inizi degli anni ’70. In un Paese già scosso dagli effetti dei violenti moti studenteschi del ’68, Ryu, Lily e il loro gruppo di amici gravitano nei dintorni della base militare americana di Yokota, a poche decine di chilometri da Tokyo, di cui frequentano alcuni dei soldati lì di stanza. Vivono una quotidianità scombinata, fatta di un uso costante e ossessionato di qualsiasi sostanza stupefacente si ritrovino a portata di mano, di sesso estremo, di piccoli furti e di qualunque altro comportamento vada a costituire un’anomalia e una sfida alle regole di un’allora ancora rigida e opprimente società giapponese. La loro appare come un’esistenza senza speranza, in cui il dolore, procurato dagli altri o autoinflitto, e altre sensazioni fisiche estreme diventano il mezzo per annullare qualsiasi altra percezione, per non sentire più nulla. Ma in questa realtà desolata, descritta in uno stile volutamente freddo e distaccato, quasi chirurgico, traspare ogni tanto dai personaggi un’innocenza fanciullesca, forse proprio quella che hanno o credono di avere perso, e alla quale in realtà vorrebbero tornare. E dalle crude descrizioni del romanzo emerge paradossalmente una asettica e terribile bellezza. Bellezza nel nonsense, nel caos, nel grottesco. Perché anche in un apparente degrado, come recita il testo, “ogni cosa irradia luce propria”.

Nel 1952 Matsumoto Seichō vince il premio per una cronaca storica: Aru “Kokura-nikki 或る「小倉日記」伝 – La leggenda del Diario di Kokura, sfortunatamente mai pubblicato in Italia. Tuttavia di Matsumoto Seichō si possono trovare molti altri libri, come ad esempio Tokio Express.

Tokio Express di Seichō Matsumoto

Tokio Express

Tokio Express di Seichō Matsumoto – In una cala rocciosa della baia di Hakata, i corpi di un uomo e di una donna vengono rinvenuti all’alba. Entrambi sono giovani e belli. Il colorito acceso delle guance rivela che hanno assunto del cianuro. Un suicidio d’amore, non ci sono dubbi. La polizia di Fukuoka sembra quasi delusa: niente indagini, niente colpevole. Ma, almeno agli occhi di Torigai Jutaro, vecchio investigatore dall’aria indolente e dagli abiti logori, e del suo giovane collega di Tokyo, Mihara Kiichi, qualcosa non torna: se i due sono arrivati con il medesimo rapido da Tokyo, perché mai lui, Sayama Ken’ichi, funzionario di un ministero al centro di un grosso scandalo per corruzione, è rimasto cinque giorni chiuso in albergo in attesa di una telefonata? E perché poi se n’è andato precipitosamente lasciando una valigia? Ma soprattutto: dov’era intanto lei, l’amante, la seducente Otoki, che di professione intratteneva i clienti in un ristorante? Bizzarro comportamento per due che hanno deciso di farla finita. Per fortuna sia Torigai che Mihara diffidano delle idee preconcette, e sono dotati di una perseveranza e di un intuito fuori del comune. Perché chi ha ordito quella gelida, impeccabile macchinazione è una mente diabolica, capace di capovolgere la realtà. Non solo: è un genio nella gestione del tempo.

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