Libri giapponesi classici e contemporanei: 2 Il periodo Edo

La letteratura giapponese ha una storia lunga e variegata che nel corso dei secoli, ha attraversato diverse fasi storiche, sociali e culturali, evolvendosi in una vasta gamma di generi e forme letterarie.

Questo specifico articolo è il secondo di 6 articoli che cercheranno di offrire una panoramica della letteratura giapponese, esplorando i principali periodi e generi, con esempi di opere tradotte in italiano. Gli articoli di questo percorso di lettura saranno:

Libri giapponesi classici e contemporanei: 1 Il periodo Nara e Heian

Libri giapponesi classici e contemporanei: 2 Il periodo Edo 

Libri giapponesi classici e contemporanei: 3 Il periodo Meiji 

Libri giapponesi classici e contemporanei: 4 Il periodo Taishō

Libri giapponesi classici e contemporanei: 5 Il periodo Showa

Libri giapponesi classici e contemporanei: 6 Il periodo Heisei e contemporaneo

Periodo Edo (1603-1868): i generi letterari e cultura popolare

Nel periodo Edo, il Giappone vive un lungo periodo di pace e stabilità sotto il governo degli shogun Tokugawa. Questo periodo è caratterizzato dalla fioritura della cultura urbana, con una crescente produzione letteraria rivolta a un pubblico di massa.

La narrativa illustrata: il kibyōshi

Un esempio famoso di narrativa di intrattenimento di questo periodo è rappresentato dai kibyōshi, romanzi illustrati che mescolano prosa e immagini. Questi libri, spesso a tema popolare, mitico o comico, venivano venduti nelle librerie delle città.

Il fantasma mostruoso del palazzo di Soma di Utagawa Kuniyoshi

Uno dei più attivi e importanti artisti dell’arte illustrata è senza dubbio Utagawa Kuniyoshi, che acquisì la fama negli anni Trenta dell’Ottocento grazie alle illustrazioni degli eroi del romanzo Suikoden (“I briganti”) e reso celebre nei nostri tempi moderni dall’illustrazione “Il fantasma mostruoso del palazzo di Soma” conosciuta anche come “Takiyasha la strega e lo scheletro spettro” nella quale un gigantesco scheletro sfonda la porta di un palazzo.

Libro illustrato di Utagawa Kuniyoshi

Kuniyoshi

Mondi bizzarri, paesaggi visionari, donne bellissime, ma anche attori kabuki, gatti, carpe e animali mitici e fantastici, oltre a leggendari eroi, samurai e briganti. Sono i protagonisti delle opere di Utagawa Kuniyoshi (1797-1861), uno dei più importanti artisti giapponesi dell’Ottocento, probabilmente l’artista del Mondo Fluttuante più creativo e visionario della sua epoca. La fama di Kunyioshi è fondamentalmente legata alla serie di silografie policrome che illustrano i 108 eroi del romanzo Suikoden (pubblicato in italiano con il titolo «I briganti»), divenuto un vero e proprio best seller in Cina e in Giappone alla fine del Settecento e in cui si ritrovano le avventure di una banda di briganti che si muovono a difesa del popolo stremato dalle ingiustizie e dalla corruzione governativa: personalità violente, potenti, armati, dai corpi muscolosi e coperti di tatuaggi che oggi ispirano manga, anime, tatuatori e disegnatori a livello internazionale. Pubblicata in occasione della prima esposizione dedicata in Italia a questo protagonista assoluto dell’arte moderna orientale, la monografia consente di ripercorrere l’intero cammino creativo di Kuniyoshi e di scoprirne la straordinaria ricchezza e poliedricità attraverso oltre centosessanta opere e i contributi di Rossella Menegazzo («Kuniyoshi. Il visionario del Mondo Fluttuante 1797-1861») e Cristian Pallone («Lo Shuihu zhuan in Cina e nel Giappone di periodo Edo 1603-1868»). Le cinque sezioni tematiche che compongono il catalogo delle opere sono dedicate ai soggetti che più hanno reso celebre Kuniyoshi, frammenti di un universo multiforme, eclettico e visionario, ma, al tempo stesso, elegante e raffinato: L’universo femminile; Paesaggi e vedute; Miti, eroi e guerrieri (Gli eroi del Suikoden); Giochi e parodie; I gatti di Kuniyoshi. Opere dalla straordinaria modernità dalle quali emerge l’inesauribile vena creativa e l’originalità di un autore che riesce a coniugare la forza espressiva dei guerrieri e degli eroi della tradizione giapponese con la raffinatezza dei ritratti femminili e dei paesaggi, con la visionarietà dei mostri e delle creature immaginarie.

Ukiyo-zōshi – Il mondo fluttuante

Altro genere letterario che emerge è il ukiyo-zōshi, romanzi che raccontano la vita nel “mondo fluttuante” (ukiyo) delle città commerciali, spesso incentrati su temi di amore, passione e morte e sulla cultura chōnin (la classe borghese). Con il suo romanzo d’esordio Kōshoku Ichidai Otoko 好色一代男 Vita di un libertino, Ihara Saikaku dà inizio al genere, sebbene un altro esempio di romanzo ukiyo-zōshi del filone di Ihara Saikaku definito kōshokubon (ovvero con la predilezione per l’amore e il piacere) pubblicato in Italia è Cinque donne amorose. Ihara Saikaku tuttavia scrive anche romanzi – definiti Bukemono – come Buke Giri Monogatari 武家義理物語 Del dovere dei guerrieri, che raccontano il mondo dei samurai, nel quale il bushidō ed il giri, il codice del guerriero e il senso del dovere si contrappongono ed entrano in contrasto con il ninjō, ovvero le emozioni e le passioni dell’uomo.

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Vita di un libertino

“Vita di un libertino, il primo dei romanzi galanti (i kōshokubon) di Ihara Saikaku (1642-1693), si focalizza sulla galanteria, la dissolutezza e il mero godimento sessuale. Il libro è composto da cinquantaquattro episodi della vita amorosa del protagonista, Yonosuke, un elegante libertino seicentesco appartenente alla classe degli uomini di città. A ogni anno della sua vita è dedicato un episodio, a partire dall’età di sette anni, quando Yonosuke intraprende la sua carriera amorosa rivolgendo le sue precoci attenzioni a una domestica, fino ai sessant’anni, quando l’infaticabile eroe, dopo aver sperimentato l’amore di ogni tipo di donna in Giappone, parte alla volta di un’isola leggendaria, abitata soltanto da rappresentanti del gentil sesso. I cinquantaquattro episodi corrispondono numericamente ai cinquantaquattro libri del celebre romanzo dell’XI secolo, Genji monogatari, e lo stesso Yonosuke può essere considerato il contraltare borghese di «Genji, il principe splendente». L’atmosfera del testo è ottimista, fresca e vivace, e l’attenzione è quasi completamente rivolta agli aspetti piacevoli dell’amore. Si può affermare che Vita di un libertino rispecchi i romantici sogni a occhi aperti del medio rappresentante della classe dei chōnin (mercanti). Questo senza dubbio fu uno dei motivi della sua immensa popolarità presso i contemporanei.” (Dallo scritto di Ivan Morris)

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Cinque donne amorose

Ihara Saikaku fu maestro ineguagliato dell’ukiyo-zoshi: avido di particolari e di concretezza come un Balzac orientale, svelto e netto come un Maupassant, con lui l’arte del narrare irrompe nella vita di tutti i giorni, mescolando il pathos all’ironia. In queste sue storie le fascinose figure delle stampe giapponesi fra diciassettesimo e diciottesimo secolo escono dai loro rotoli e si muovono davanti a noi: per strade formicolanti, nei quartieri del piacere, nelle botteghe dei mercanti, sui percorsi dei pellegrinaggi, fra paraventi e guanciali. Giovinette e mezzane, mercanti e libertini, monaci e cortigiane: i loro destini si incontrano, si intrecciano, si ramificano, si dissolvono – con piccoli tocchi, con sapienti stacchi, rapidi mutamenti di scena. Sono uniti dal fatto di viaggiare sui «battelli carichi di tutti i nostri desideri» e da quel senso penetrante dell’impermanenza che avvolge come una patina preziosa ogni forma di vita del Giappone. Ciò che preme a Saikaku è lo scoccare, fra questi disparati destini, della passione erotica: amori che spesso si sprigionano da un minimo gesto, da una furtiva apparizione – e presto sono catturati nella rete sottile e smisurata dei divieti, degli usi, delle cerimonie. Allusioni, sotterfugi, travestimenti, equivoci, fughe, stratagemmi accompagnano così queste storie, dove è altrettanto acuto il sapore dell’animalità e quello dell’etichetta, dove l’esito è facilmente funesto. Le vicende raccontate da Saikaku sono realmente accadute. Un giorno questi suoi amanti sono stati realmente condannati a morte, si sono suicidati o si sono insperatamente riuniti. Pochi anni dopo Saikaku, come un suo memorabile libertino, colleziona quelle lettere d’amore, quelle maniche di kimono, quelle sottovesti rosse, quelle ciocche di capelli, quei ritagli di unghie, quegli amuleti perduti e rinchiude tutto in quel «magazzino del mondo fluttuante» che è la sua prosa. Da lì quelle vicende usciranno poi trasformate in fantasmi, in leggende tramandate di bocca in bocca, corrose dal tempo, intrise di pianto come le maniche di tante sue «donne amorose». La sua narrazione, cosparsa di sapidi, asciutti commenti («Nulla è più agghiacciante delle donne» sentenzierà una volta, ma i suoi personaggi femminili sono i più accattivanti), ci sbalza continuamente dal grottesco al tragico, dalla crudeltà alla dolcezza, finché tutte le storie si avviano ugualmente a sciogliersi nel «mondo di rugiada». Ciò che rimane è schiuma e fumo. Presentati con una corposità iperreale, i personaggi di Saikaku acquisiscono così alla fine una sottile evanescenza, come una delle sventurate amanti da lui celebrate, di cui «ancora adesso par di vedere l’immagine della veste azzurro pallido che essa indossava quell’ultimo mattino», quando fu condannata a morte insieme al suo amato.

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Del dovere dei guerrieri

Il nome di Ihara Saikaku è legato soprattutto ai romanzi e racconti ambientati nel fascinoso «mondo fluttuante» in cui si muovono libertini, cortigiane e innamorati, mentre è meno conosciuta la sua trilogia dedicata ai samurai e alle loro vicende sanguinose. * Dei tre libri che Saikaku dedicò alle storie della nobiltà guerriera, è proprio il – Buke Giri Monogatari –  ovvero i «Racconti sul dovere dei guerrieri», quello considerato il più riuscito e il più avvincente. Sono protagonisti di queste pagine i samurai e i ronin («guerrieri senza padrone») che, per mantenere la parola data o vendicare un’offesa, affrontano imprese che a volte sono di strenuo eroismo, a volte invece appaiono prive di qualsiasi senso, e proprio per questo rappresentano alla perfezione quell’ideale di abnegazione e fedeltà assoluta a un principio che è uno dei segni distintivi della cultura giapponese. * Saikaku visse in una società in profonda trasformazione, nella quale la borghesia cittadina, benché disprezzata, stava assumendo un ruolo economico sempre più rilevante grazie al suo dinamismo, mentre i guerrieri lentamente perdevano la loro ragion d’essere da quando le guerre feudali erano diventate solo un lontano ricordo.

I Gesaku e i loro sottogeneri principali

Si tratta di opere dai toni ironici/satirici e rivolti al divertimento del pubblico dei chōnin, la borghesia giapponese e che ricoprono diversi sottogeneri.

Dangibon: i sermoni satirici

Uno dei sottogeneri dei Gesaku è il dangibon caratterizzato da opere che utilizzano lo stile del sermone buddhista come veicolo satirico della loro critica sociale. Uno dei maggiori esponenti di questo filone è Hiraga Gennai, autore di Nenashigusa 根無し草, Erba senza radici e di Fūryū Shidōken den 風流志道軒伝 La bella storia di Shidoken. 

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Erbe senza radici

Scritto nel 1763, segnò l’esordio letterario dell’intellettuale Hiraga Gennai, figura particolarissima del XVIII secolo giapponese: samurai senza padrone, esperto di materia medica, discente dilettante di olandese, cinese e latino, inventore e studioso di elettrostatica e chimica. Le vicende del romanzo si sviluppano a cavallo di più mondi, tra Inferno, Paradiso, il Palazzo del re drago in fondo al mare e tra i flutti del fiume Sumida, a Edo, l’attuale Tokyo. La storia si apre con la morte per acqua di un attore di ruoli femminili del teatro kabuki e ne svela solo alla fine il mistero, raccontando nel mezzo l’inaspettato coming out del re degli Inferi, le origini del teatro kabuki e la festante atmosfera di Edo. Il tono è umoristico e l’intento satirico: bersaglio dell’autore sono i costumi del tempo, la corruzione dei samurai e del clero buddhista. A spuntarla è sempre l’uomo più umile, poiché i grandi si riempiono la bocca di parole ma a conti fatti non sono in grado di agire.

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La bella storia di Shidoken

La bella storia di Shidoken (1763) narra la fantastica avventura di Asanoshin il quale, con l’ausilio di un ventaglio magico, dapprima visita i luoghi «deputati» in patria e poi si inoltra nel mondo del «diverso»: i Paesi dei Gambalunga e dei Lunghebraccia, dei Pettiforati, dei Pigmei e l’Isola delle donne, per approdare alla fine in Cina dove vive un’esperienza «al contrario», gli abitanti del quartiere di piacere sono uomini e i clienti sono le donne.
Il viaggio è occasione per Gennai di condannare, con sferzante ironia, la passiva sudditanza culturale del Giappone nei confronti del continente, i soprusi del potere, le mistificazioni messe in atto da confuciani e buddhisti. Suoi portavoce sono l’anacoreta Furai Sennin con i due sermoni che incastonano il racconto del viaggio, e infine Shidoken, che intrattiene il pubblico davanti al tempio con lazzi e sberleffi, scandendo il tempo del suo narrare con un fallo di legno.

La censura degli Share bon e la nascita dei Ninjōbon

Altro famoso sottogenere dei Gesaku è quello degli sharebon, romanzi ambientati nei quartieri di piacere dai toni satirici e beffardi, i quali furono perseguitati dalla censura quando nel 1792 vennero emanate le riforme Tansei, cosa che spinse l’autore Santō Kyōden a dare vita a storie di stampo più romantico, con l’opera Seirō hiru no sekai nishiki no ura 青楼昼之世界錦之裏 Il mondo di giorno nei quartieri di piacere: il rovescio del broccato, cosa che fece sì che il filone degli sharebon venisse soppiantato dal genere ninjōbon (libri dei sentimenti).

Il rovescio del broccato. Storie di fantasmi e cortigiane dal Giappone di Santō Kyōden - Umebori Kokuga - Tanishi Kingyo

Il rovescio del broccato. Storie di fantasmi e cortigiane dal Giappone

Il rovescio del broccato. Storie di fantasmi e cortigiane dal Giappone di Santō Kyōden – Umebori Kokuga – Tanishi Kingyo. Il volume raccoglie quattro racconti pubblicati nella città di Edo, antica Mikyo, alla fine del XVIII secolo. La critica tradizionale attribuisce a questi titoli l’etichetta di libri licenziosi. Sono scritti prevalentemente in forma di dialogo e descrivono con umorismo e sensualità il mondo della prostituzione nei quartieri autorizzati e in altri sobborghi del demi-monde di Edo. “Geisha e il lamento del cuculo”, ispirandosi a una storia vera, racconta del triangolo amoroso tra due geisha di Edo e un libertino. Il motore della storia è un tatuaggio dedicato allo stesso uomo che entrambe le donne recano sul braccio. La scoperta del tatuaggio porterà alla folle gelosia di una delle due geisha e al sacrificio dell’altra. “Quarantotto mosse per conquistare una cortigiana” e “Il rovescio del broccato” sono due racconti di Santō Kyōden, prolifico autore di letteratura popolare. Il primo descrive quattro scene di intimità tra clienti e cortigiane, e racconta con umorismo e un pizzico di sentimentalismo diverse facce dell’amore mercenario. La riscrittura della celebre storia d’amore tra la prostituta Yúgiri e il giovane Izaemon, resa celebre dal teatro, diventa nel secondo racconto pretesto per mostrare l’attività diurna di una casa di cortigiane di alto rango nel quartiere dei piaceri di Yoshiwara. “Un bivio sulla strada verso la conquista della cortigiana”, scritto nel 1798 da Umebori Kokuga, mette a confronto due rendez-vous tra clienti abituali e cortigiane. In uno è in scena lo sgradevole dialogo tra un ragazzo piacente ma ineducato e una prostituta di basso rango; nell’altro, invece, un uomo molto brutto ma estremamente raffinato riesce a fare breccia nel cuore di una giovane cortigiana bellissima, che inizialmente lo disprezza.

Kokkeibon i romanzi popolari umoristici

Si tratta di scritti comici, umoristici, frivoli e pungenti aventi come tematiche principali i quartieri di piacere e il cibo. Un esempio significativo è Tōkaidōchū Hizakurige 東海道中膝栗毛, A piedi lungo il Tokaido di Jippensha Ikku, che narra le avventure di Yaji e Kita, un commerciante ed un suo compagno, che per sfuggire i loro creditori decidono di effettuare un lungo viaggio.

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A piedi lungo il Tokaido

A piedi lungo il Tokaido di Jippensha Ikku venne pubblicato tra il 1802 e il 1809 e ottenne un successo clamoroso, tale da convincere l’autore e l’editore Murataya a proseguire l’opera, sebbene in un primo momento la loro intenzione fosse di descrivere solo un breve viaggio fino alla barriera di Hakone. Nel corso degli otto anni di pubblicazione, i due protagonisti, Yaji e Kita, ormai divenuti icone della comicità dell’epoca, si spinsero fino a Kyoto e Osaka, con una breve sosta presso il Santuario di Ise. La loro popolarità fu tale da trasformare Ikku in uno degli scrittori più richiesti e Murataya in un’autorità del settore librario.

Gli Yomihon

Caratterizzati da una prevalenza di testo rispetto alle illustrazioni, inizialmente più orientati verso elementi fantastici e sovrannaturali del quale uno dei maggiori rappresentanti è Ueda Akinari, autore dell’Ugetsu monogatari 雨月物語, Racconti di pioggia e di luna.

Racconti di pioggia e di luna di Akinari Ueda

Racconti di pioggia e di luna

Racconti di pioggia e di luna – Ugetsu monogatari di Akinari Ueda – Nove storie di fantasmi nelle quali Ueda Akinari (1734-1809) riprende spunti cinesi e motivi del folclore, del romanzo e del teatro giapponesi, rielaborandoli in situazioni originali. Ma questi elementi sono solo parte dell’intuizione poetica e della capacità dell’autore di trasformare le sue sue storie in racconti dove il ricorso al soprannaturale è soprattutto in funzione estetica, la paura è mitigata dalla poesia, e quando “cantano i fagiani e combattono i draghi” il brivido dell’orrore si accompagna all’emozione della bellezza.

L’haiku

Nel XVII secolo, il poeta Matsuo Bashō inizia a rendere il haiku una forma poetica di grande profondità, associando l’arte della brevità e dell’immediatezza a temi spirituali e naturali. In Italia sono stati pubblicati “Tutti gli haiku”.

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Tutti gli haiku

Tutti gli haiku di Matsuo Bashō – Bashō è lo scrittore giapponese più famoso di tutti i tempi. Era già rinomato mentre era in vita, tanto che dovunque andasse gruppi di poeti si formavano per poter studiare con lui e diventare suoi seguaci. Capitava addirittura che, in cambio della loro ospitalità, gli chiedessero di essere ripagati con un componimento. Alla sua morte, avvenuta nel 1694, il seguito di Bashō contava più di settanta discepoli e circa duemila associati, che ne avevano abbracciato gli insegnamenti. Nel centesimo anniversario della morte, le autorità religiose shintoiste lo onorarono canonizzandolo come divinità, e tredici anni dopo anche la corte imperiale gli conferì un titolo simile. È inoltre il solo e unico poeta a essere stato nominato haisei, “il poeta di haiku per eccellenza”. In questa nostra edizione raccogliamo 1012 componimenti che rappresentano la sua eredità.

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